giovedì 20 ottobre 2011

Impressioni

Ci ho messo qualche giorno a metabolizzare il concerto, a ripensare a quello che abbiamo fatto, a quello che abbiamo cantato, a come lo abbiamo cantato. Soprattutto a quel che ha fatto Barbara per noi, con noi. E adesso lo scrivo, punto per punto.
Punto primo: la Camerata Polifonica c'è. E la città risponde. E' stato bello vedere la chiesa di San Bernardino passare da piena a strapiena, vedere le sedie aggiungersi, la gente in piedi (cioè, mi spiace per la gente in piedi, in effetti, consiglio tacchi bassi e mocassini comodi per la prossima volta), i libretti di sala letti con attenzione, i programmi passare di mano in mano, il telefonino squillare nel bel mezzo dell'esecuzione (sì, dico a lei, signora col cellulare acceso. Magari la prossima volta lo spenga prima, ma venga pure a sentirci ancora. La perquisiremo all'entrata, però, lo tenga a mente).
Punto secondo: gli spirituals arrangiati da Luca. Ma che belli. La prima volta che ho avuto lo spartito in mano ammetto candidamente di aver pensato "????????". Sul momento, a vederli così, non sembravano nemmeno difficili.
Sul momento, appunto.
Iniziare a studiarli, a conoscerne le armonie, è stata una bella sfida, ma ancor più bello è stato vedere come (proprio nelle ultime settimane) i pezzi iniziassero ad avere un altro respiro, ad essere veramente sentiti. Di solito succede quando smetti di pensare alle note e inizi a cantare divertendoti. Ne vogliamo ancora, more and more.
Punto terzo: c'è stato un momento, lo scorso anno, in cui abbiamo passato prove su prove senza sapere bene quando e dove avremmo cantato. Il che può demotivare qualcuno, ma non noi che amiamo trovarci il martedì sera con il solo scopo di imparare a non calare una nota, a fare una frase in un fiato solo, ad ammorbidire un acuto o ad intonare meglio un passaggio. In quel momento delicato, in cui abbiamo ripreso in mano una polifonia da troppo tempo trascurata per gli impegni con l'orchestra, Barbara è stata un faro nella nebbia (e qua di nebbia ce ne intendiamo), un porto sicuro, un punto fermo, un navigatore satellitare con la destinazione impostata. A lei , alla sua tenacia, alla sua passione, alla sua sensibilità musicale, dobbiamo tutto quel che abbiamo saputo fare di buono.
Senza mai dimenticare quel maestro al pianoforte che sa essere pianista, organista (anche a tarda sera) e chitarrista (anche senza chitarra), implacabile e affettuoso controllore della nostra intonazione.

1 commento: